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TEMPO DI ACQUISTI MEDIOCRI PER 'CARABINIERI 7'. MENTRE LE REPLICHE VANNO A PICCO

E’ incredibile constatare quanto amore riservi Canale 5 ad una delle fiction più longeve ma anche più banali della sua storia, Carabinieri. In arrivo la settima serie, come al solito girandola di attori che se vanno e altri che entrano, starlette e vippetti, professionisti in mezzo a solide canaglie, che s’innalzano sulla folla anonima per via delle loro proverbiali baccanalate. Non ha maledettamente stupito nessuno l’arruolamento stupefacente di Francesco Arca, recentemente intossicatosi con la vicenda Vallettopoli mischiata a quella più eccitante della caccia alla cocaina nei locali più scapestrati della movida milanese. Un perfetto inetto, con l’esperienza di un nuotatore del Sahara, irrobustirà le fila dei carabinieri nel nuovo set allestito tra le mura di Montepulciano. Il bell’Arca – un altro dei belli e inutili, vedi anche alla voce Luca Dorigo – non si metterò la divisa, ma interpreterà la parte di un affascinante personal trainer, ma se non fosse per quella puntigliosa dotazione di muscoli, a quest’ora sgobberebbe in pizzeria. Intanto rimane indagato, ovvero si sta ritagliando un emozionante biglietto da visita da vidimare alle porte di Cinecittà. Ma d’altronde ne sono passati tanti a Carabinieri, uno più, uno meno, che differenza fa.

Se ne va Luca Argentero. Un altro degli inossidabili fortunati: scappato senza arte dalla casa del Grande Fratello ed inventatosi improvvisamente attore d’alto rango, con la voglia sfrenata di fare cinema di qualità – che giustamente mal si concilia con una fiction mediocre e di basso profilo come Carabinieri. Ci vuole coraggio a sfidare se stessi, e perlomeno Luca non ha urlato la sua intraprendenza, costruendosi almeno un abbozzo di carriera. Sconvolge però sapere che al suo posto arriva Alessia Ventura, una che sarebbe già del giro e con una Talpa coraggiosamente obliterata pur di mantenersi per decenni una fama di cui forse non godeva neppure prima di gettarsi sgambettando nello Yucatan. Alessia, ex letterina, ex realityara, ex showgirl, arriva dalla partecipazione a Fratelli Di Test con Carlo Conti, ovvero soliti contorni senza gloria che però evidentemente le bastano. Ma perchè entrare in Carabinieri? Non è abbastanza famosa? Mistero. Mentre scopro soltanto ora che Alessia Ventura e Luca Argentero sono realmente cugini. Il che dà inavvertitamente adito ad una maliziosa correlazione, che i più corretti avranno anche tolto dal repertorio mentale, ma che invece, complici anche gli scandali recenti, fa impallidire le solite e noiose raccomandazioni. C’entra qualcosa la Ventura con il lancio nel mondo dello spettacolo del cugino Argentero? La domanda potrebbe essere facilmente smentita dalla presa di coscienza che la Ventura non sia in realtà affatto famosa, anzi c’è chi sostiene che forse toccherebbe invertire i fattori: non sarà stato Luca a far splendere la cugina Alessia? Domande stucchevoli, senza dubbio. Alessia si consolerà con Francesco Arca, facendo altresì i conti con gente meno esperta di lei, con un curriculum pressochè – e spaventosamente – lindo/inesistente e con la determinazione di un torero pochito ammansueto.

Carabinieri 7 andrà bene? Perchè, a parte le solite inutile questioni dietrologiche su chi ha spinto quello, chi ha spintonato quell’altro e chi nel frattempo c’ha inserito anche una palpatina furtiva, ai gran capi di Cologno Monzese interessano i dati nudi e crudi. E la sesta serie della fiction non è andata affatto benino, anzi: di bastonate ne ha prese parecchie. E così via a rimodellare il cast, che già subisce annualmente modifiche non minoritarie, senza la paura di stravolgere trame e relazioni. Su Canale 5 ora vanno in onda le repliche dell’ultima stagione, che hanno sostituito Tempesta D’Amore, soap-opera che a sua volta ora tappezza lo scarso access prime time di Rete 4. Solo che la soap tedesca ha lasciato in eredità un succulento 26% di share medio, che Carabinieri si sogna, attestandosi ad un magro 15%. Chissenefrega, diranno quelli a Cologno Monzese, evviva il preserale di Rete 4, che rinsavisce. Ma intanto Cultura Moderna sta crepando, il pomeriggio di Canale 5 è diventato più noioso, il traino per il colabrodo 1 Contro 100 è più debole di una Panda a pedali. Ah, l’amore.

FRIZZI BATTE MAMMUCARI: DOPO UN MESE DI SFIDA, DOMINANO I 'SOLITI IGNOTI'

Probabilmente Antonio Ricci se ne sarà fatta una ragione. Nessuno in giro lo ha visto imbizzarrito, e di motivi per mangiarsi la tappezzeria ce ne sarebbero a iosa. La sua gallina dalle uova d’oro, Cultura Moderna, le prende regolarmente dalla concorrenza, che non è quella assatanata di Affari Tuoi, a metà tra destino e tarocco, puntualmente da smascherare per screditare – a ragione o meno – il nemico di turno, ma è quella decisamente più bonacciona di Fabrizio Frizzi, che presenta senza troppi clamori Soliti Ignoti. Giochetto di una semplicità inaudita, fatto di carte difficili da manovrare di soppiatto, sulle quali Ricci sa di non potersi rivalere. Giochetto semplice come Cultura Moderna, sembrerebbe, e invece il quiz di Teo Mammucari, padrone incontrastato dell’estate scorsa, s’è rifatto il look e ora paga incredibilmente pegno. I maligni ovviamente si immaginano già Ricci a visionare tonnellate di videocassette per pescare il marcio nel concorrente. Sicuramente il padrone di Striscia non sarà raggiante di gioia. Anche perchè non si tratta più dell’effetto sorpresa, che perlomeno nella prima settimana poteva alterare i veri valori di campo. Dopo un mese esatto di programmazione, il gioco di Frizzi ha sorprendentemente preso il largo, mentre la banda capitanata da Mammucari non ha mai dato segnali di ripresa, anzi insistendo con quelle modifiche inutili che potrebbero aver fatto perdere appeal al programma. Nessuno è intervenuto nel modificare qualcosina, forse si sperava in un calo fisiologico dell’avversario. E invece Cultura Moderna sta per affondare e per giunta chi la dovrebbe salvare latita. Frizzi ringrazia, e intanto se la gode.

Ovviamente sono i numeri che ci consentono, pur con la naturale freddezza del caso, paragoni millimetrici: con i numeri non si discute, parlano chiaro. L’esordio di Frizzi è stato scoppiettante, anche se la prima settimana si è consumata su una sostanziale parità tra i due avversari diretti dell’access prime-time. Cultura Moderna non ha ripetuto i grandi numeri di un anno fa, Soliti Ignoti ha invece mostrato di saper tenere duro con caparbietà, riuscendo a spuntarla complessivamente. Il vantaggio in share è risicatissimo, e anche il numero di telespettatori totali non registra coraggiose differenze. Ma la seconda settimana inizia immediatamente con il botto per Frizzi, che tocca il 28,02% di share, lasciando nettamente al palo Cultura Moderna, ferma al 21.98%. E’ il preludio di una settimana che si preannuncia vincente. Se il gioco di Mammucari paradossalmente riesce anche ad incrementare lo share dello 0.13%, quello di Frizzi piazza un sorpasso ancor più grintoso, guadagnando l’1.68% (raggiunge una media del 26.86%). A livello di numero di telespettatori, il divario è ancor più palese. Ma Ricci non corre ai ripari, Cultura Moderna continua a proferire noia, precludendosi in partenza l’auspicato recupero. Che non arriverà mai. Nella terza settimana di programmazione, Soliti Ignoti realizza la migliore performance, toccando una media del 28.03% di share (la puntata più vista in assoluto è quella di sabato 30 giugno, con il 30,78%) e lasciando a Cultura Moderna le briciole, in numero ancor minore rispetto a sette giorni prima (calo dello 0,84%). E’ il segno inequivocabile della disfatta della ciurma di Antonio Ricci, che stranamente non decide di correre ai ripari, affidandosi magari ad una chisura di programma ritardata per far salire lo share. Che complessivamente scende, fino a toccare il punto più basso nella quarta settimana (22.88%, -0.65%) e segnando il record negativo nella puntata di venerdì 6 luglio (21.18%, mentre Frizzi tocca il 28,24%). L’ultima settimana di riferimento ha visto anche lo spostamento su Rete 4 in access prime-time della soap-opera Tempesta D’Amore, che ha abbandonato, per la delusione degli appassionati, il pomeriggio di Canale 5, dove raggiungeva risultati eccezionali. Appoggiato sulla terza rete Mediaset, raggiunge la media di rete, ma lo spostamento non ha giovato affatto alle prestazioni di Cultura Moderna, non ha catturato il pubblico più anziano, anzi ha paradossalmente allontanato il pubblico femminile. Per Ricci, insomma, si tratta, da tutti i punti di vista, di una debacle colossale, che rafforza la genuinità di Soliti Ignoti e di un conduttore non urlatore come Fabrizio Frizzi, che si è autorispolverato puntando su un prodotto fresco ed evidentemente efficace. Antonio Ricci invece è partito da vincitore uscente, ma per riconfermarsi campione ha provato a modificare qualcosa, ha raddoppiato la presenza femminile – e dire delle tonnellate di copertine spruzzate di Lydie Pages, che affianca Juliana Moreira, volte a testimoniare un successo straripante -, ha stravolto il meccanismo delle nomination, ha aggiunto attese snervanti: il pubblico evidentemente non l’ha digerito più come prima. Ecco il confronto:

CONFRONTO AUDITEL

 

SOLITI IGNOTI

CULTURA MODERNA

1a SETTIMANA

5.342.000 (25.18%)

5.266.000 (24.24%)

2a SETTIMANA

5.217.000 (26.86%)

4.770.000 (24.37%)

3a SETTIMANA

5.189.000 (28.03%)

4.419.000 (23.53%)

4a SETTIMANA

5.200.000 (27.31%)

4.393.000 (22.88%)

MEDIA FINALE

5.237.000 (26.85%)

4.712.000 (23.75%)

I dati Auditel non sono ovviamente assoluti: una maggiore precisione si riscontrerebbe confrontando le sovrapposizioni esatte dei due programmi. Anche se forse non cambierebbe il risultato. Che invece Ricci saprebbe interpretare alla perfezione: a sostenere Frizzi c’è il solito, stantio, pubblico tradizionale. Se tentasse questo tipo di arringa, non fallirebbe affatto su tutta la linea. Che Raiuno sia la patria di una platea meno giovanile è ben assodato, e anche la composizione del pubblico che segue Soliti Ignoti si piega senza problema a questa supposizione, fornendo i riscontri attesi: il game di Frizzi tocca il 35,60% di share tra gli ultra 65enni, e il 29% tra i 55-64enni. Non propriamente pubblico attivissimo, quello cosiddetto pubblicitario, che tanto fa gola e testo dalle parti di Cologno Monzese. E infatti si parla di un misero 17% di adolescenti a seguire la caccia all’identità nascosta. Mediaset continua a rallegrarsi, nonostante la sconfitta in valori assoluti, perchè colpisce il target di riferimento, i 15-64enni, fascia nella quale riscontra valori migliori, anche se non più di tanto. Se Frizzi può contare sulla sicurezza senile, Teo Mammucari invece si vede sfilare anche i giovani. Con ora la preoccupazione che si sta navigando attorno al 23% di share, l’obiettivo minimo che soddisfa i pubblicitari. Se non si interverrà su Cultura Moderna, pare proprio che tutta la flotta sia destinata repentinamente ad affondare. Per la felicità di Fabrizio Frizzi. Che davamo per coraggioso spacciato e che invece, da buon intenditore, ha ricostruito con silenzioso entusiasmo il suo gradito ritorno.

'COLPI DI SOLE' NON DECOLLA, ANZI PRECIPITA. DALL'ENTUSIASMO DELL'ESORDIO ALLA RASSEGNA DEI PECCATI

Inutile girarci attorno, Colpi Di Sole non funziona. I dati Auditel sono piuttosto loquaci quando si tratta di sottolineare con appetente sconforto il precoce fallimento della nuova sit-com di RaiTre, tanto da dover rimpolpare senza riserve il manipolo di produzioni Rai che non hanno raccolto quanto auspicato, e sì che ce ne sono. Colpi Di Sole non cattura nessuno, l’appuntamento domenicale sfugge pure all’Auditel, il sabato raccoglie bricioline già spezzettate: il 16 giugno è scesa inesorabilmente al 3,23% di share con 536.000 spettatori, cifre da La7, senza che l’incentivo alla visione portato da Luciana Littizzetto, autrice di un cameo di cui si parlava fin dalle anticipazioni, sortisse alcun effetto, anzi. L’ascolto è precipitato, anche se RaiTre non s’è certo svenata nel promuovere la puntata speciale. Ma d’altronde nessuno si lamenta, o perlomeno non pare di sentire mugolii nei piani alti di Viale Mazzini: forse consci che si tratta di una sit-com senza pretese? E quindi da sistemare comodamente in estate, fuori da logiche Auditel e soprattutto in access-prime time su Raitre, tempi e luoghi meno indicati per una trasmissione che cerca i giovani?

Le strategie di palinsesto, apparse immediatamente suicide specialmente per un prodotto nuovo, ora però sembrano lasciare il posto ad una ventata piuttosto gelida di stilettate nei confronti di Colpi Di Sole. Che al sottoscritto non dispiacque più di tanto alla prima visione, tanto che anche Aldo Grasso si adoperò in una recensione sul Corriere che lasciava volentieri spiragli di sorriso. Fattore entusiasmo a prescindere, evidentemente. Perchè se si cerca di penetrare con insospettabile arroganza tra i tessuti della sit-com, si scovano inconvenienti pecche, a prima vista magari ignorabili, ma che alla lunga, divenendo ripetitive, possono frenarne la visione. MilleCanali parla così di Colpi Di Sole:

Colpi di sole è l’ennesima sitcom (questa volta su RaiTre) che fa un po’ fatica a farsi apprezzare, nonostante le buone intenzioni degli autori, i quali avevano annunciato che nella sitcom si sarebbe parlando di problemi dei nostri tempi (famiglia, omosessualità, ecc..). In realtà c’è lo sberleffo continuo e irriverente, la scenografia è splendida, colorata e accattivante, ma i testi ricordano un po’ troppo quelle della Premiata Ditta e le trovate sono a volte incomprensibili o per niente esilaranti. Un centro estetico femminile, diretto da un parrucchiere rigorosamente gay (un luogo comune dei più diffusi, ma gli autori si riscattano quando lo fanno cadere in crisi perché si stente attratto dalle donne), una manciata di shampiste (rigorosamente stupide), clienti noiose, troppo esigenti e la solita telecamera fissa, nascosta dietro uno specchio che amplifica eccessivamente le vicende e costringe i protagonisti a fissarla, appesantendo il tutto.

Tralasciando colpevolezze eccessive, selvaggiamente rintracciate nell’analisi sopra, è comunque evidente che in Colpi Di Sole c’è una insostenibile leggerezza di dialoghi, personaggi e scenette che rasenta una prematura insopportabilità. Una sit-com che nasce già macchietta, che cerca di ironizzare sul mondo unto e colorato di un salone di bellezza, finendo per ritrarre con una goliardia superflua la propria caricatura, enfatizzandone senza maestria i tratti più pruriginosi e discordanti. Anche Mirella Poggialini, dalla sua rubrica su Sorrisi & Canzoni TV, non lesina qualche accesa critica:

CINQUE a Colpi di sole di Raitre, che vorrebbe catturare gli spettatori di Fazio ma propone una serie di scenette scipite e farsesche, recitate con spigolosa rigidità e poco spiritose: la forfora come metafora è sgradevole, i rimandi satirici sono deboli. Dov’è la sceneggiatura?

La sceneggiatura c’è, ma è ben nascosta, e anche quando c’è da disquisire di attualità e problematiche esistenziali, sembra di tuffarsi in un bollettario di gags demenziali che non certo sguazzano in una spigliata analisi, preferendo invece vendersi con sfacciata frivolezza alla ricerca di una battuta che spesso tradisce. Il cast non se la caverebbe poi così male, se si togliesse d’impaccio da quelle urticanti maschere nevrotiche che si sono appiccicate con coraggio, immolandosi ad una comicità spiccia che travalica la più brillante irrealtà. E poi c’è quella telecamera fissa, divenuta ormai stra-abusata e icona di un genere già inflazionato. Una modalità di ripresa divenuta insostenibile se ci si mettono perfino gli sguardi fissi a privarci di un minimo di serietà realizzativa. Il problema delle scelte di palinsesto potrebbe anche accoppiarsi a questa brulicante scorpacciata di nei: cambiare collocazione lo si fa sempre prima di dichiarare il decesso. Ma sembra che alla Rai, piuttosto che tentare di valorizzare una propria produzione, anche se magari non proprio così eccelsa ma comunque degna di essere testata in condizioni ottimali, ci si accontenti di occupare spazio vuoto in palinsesto, senza preoccuparsi di flop da dover gestire, visto che siamo fuori da periodi di garanzia. Magari, prima di riproporre una sit-com in tv, ci penseranno di più.

'FESTIVALBAR 2007' PARTE BENE, CON UN TRIO SOLISTA CHE NON INCIAMPA NEI SINGOLI

E’ andata bene. Forse benone. Non certo malaccio. L’edizione numro 44 del Festivalbar è partita ieri sera su Italia 1 e l’esordio fa già sorridere un po’ tutti. Sicuramente Andrea Salvetti, ma anche il direttore della rete Luca Tiraboschi tirano già sospiri di sollievo, leggendo i dati Auditel. La partenza è promettente: ben 2.832.000 telespettatori con il 13,20% di share. Il problema viene ora, e si profila di una certa consistenza. Anche l’edizione 2006 della kermesse partì con fragore (3.080.000, 13.72%), salvo però creare i primi ruvidi grattacapi una settimana più tardi, quando il fragore scese (2.072.000, 9.55%). Però l’anno scorso c’erano i mondiali, mentre questa volta si profila un interessante campo libero, ovvero pochi avversari, competitor deboli, palinsesti svuotati. Se il Festivalbar funzionerà, lo si vedrà tra sette giorni. Per ora possiamo soltanto fare rozzi paragoni, e riconoscere che, benchè la partenza sia stata positiva (anzi, positivissima, visto che Tiraboschi e Salvetti non si erano spinti oltre una previsione dell’1111,5%), i veri tempi d’oro sono già passati e per ora stentano ad arrivare. L’annata 2004, quella della coppia Incontrada-De Luigi, compì un’impresa clamorosa, quella di far confluire al video ben 4.593.000 telespettatori ed uno share stellare del 19.97%, numeri da sballo per Italia 1. Anche nel 2003 l’Auditel sorrise alla manifestazione e al duo Maccarini-Hunziker, lanciatissima da Zelig, che catalizzarono l’attenzione di 4.437.000 telespettatori per uno share del 19.59%. Funzionò meno nel 2004, con il trio Maccarini-Grandi-Nardi, che comunque assicurò un buon risultato (3.297.000, 13.96%), più o meno proprio quello racimolato con apparente soddisfazione ieri sera. Siamo ben oltre la media di rete, siamo ben oltre le previsioni, però oggettivamente al ribasso, dei grandi capi. Ci sarebbe da sorridere, dunque.

Il nuovo trio alla conduzione ci ha messo del proprio, nonostante nessuno dei tre fosse convinto di stare su un palco condiviso con altri conduttori. La situazione è paradossale, in effetti, ma tutto sommato ha mietuto risultati. Non si sono intralciati, anche perchè era difficile pestarsi i piedi. Enrico Silvestrin, faccia da MTV ma con la professionalità di un anchorman, ha condotto con dovizia l’ordine delle esibizioni, ha dosato gli inneschi di schiamazzi da parte del pubblico, ha somministrato con sicurezza i momenti della serata, senza sbavature. Molti – compreso il sottoscritto – avevano chilate di riserve su Giulio Golia, Iena con le contropalle ma con il terrore che si trovasse spaesato in un contesto così diverso. E invece, benchè il lavoro sulle spalle non fosse così gravoso, non ha sfigurato, immerso nella folla e poi saltato sul palco a presentare i cantanti. Il problema, semmai, che i ruoli che il Festivalbar designa sono sempre i soliti, e i prescelti a rivestirli si avvinghiano anche degli immancabili stereotipi. Così se Silvestrin si ritaglia il numero 1 da appiccicare alla t-shirt da sbandierare, se Giulio Golia incita la folla e dispensa battutine che però si disperdono facilmente nel rimbombo delle grida, anche Elisabetta Canalis non si esime certamente dalla figura di bellona di turno, con spontaneità dimenticata a casa e dozzine di imperfezioni con cui stilettare le presentazioni. Sguardo semi-fisso sulla telecamera, scollatura sbarazzina, Elisabetta ha recitato se stessa, con la convinzione che si tratti di un impegno da prendere sottogamba e dove forse il talento non è indispensabile. Meglio Canalis attrice (!) che presentatrice allo sbaraglio, anche in una delle trasmissioni più facili da portare a termine.

Ma è anche vero che senza la bellona i maschietti reclamerebbero, e allora andrebbe bene pure così. Anche perchè ci ha pensato la musica a compensare necessariamente queste mancanze, con esibizioni ravvicinate il cui ritmo incalzante ha contribuito a ridurre al minimo le sempre più inutili disquisizioni sul nulla, relegate a semplice contorno. C’è del buono in questo Festivalbar, in questa ripetitività malandrina che coltiva con menefreghismo la fresca frenesia di una serata disimpegnata, da ben 44 anni. E pazienza se le rivoluzioni tecnologiche tanto sbandierate siano passate in secondo piano, per il popolo di telespettatori che per essere invogliato a surfare sul web la trasmissione, ne deve essere colpito. Se il Festivalbar non ha mirato propriamente al cuore, ha fallito non di molto.

CONTRO LE ATTESE, FRIZZI BATTE MAMMUCARI. E PER 'CULTURA MODERNA' E' GIA' ARIA DI CRISI

Massimo Donelli questa volta non impugna la tromba per suonare le rosee note del trionfo. L’abbiamo trovato in un ruolo particolare, quello dell’esaltatore di qualsiasi programma di Canale 5, sbandierando l’entusiasmo tipico del direttore di rete alle agenzie stampa. Ma stavolta nessuno squillo gioioso, rimangono le campane da listare a lutto, perchè il malato c’è, e al momento non si regge neppure in piedi.

Ed è un malato di lusso. Cultura Moderna termina la prima settimana di programmazione leccandosi appuntite ferite, la spunta Frizzi a sorpresa, canalizzando l’attenzione del pubblico sul nuovo gioco dell’access-prime time di Raiuno, quel Soliti Ignoti che, con una semplicità disarmante e altrettanto appeal, riaccende il sorriso a Viale Mazzini, e fa sprofondare nell’incertezza quelli di Cologno Monzese. Perchè la questione s’è fatta grave, il programmino di Teo Mammucari, proprio quello che vinse un Telegatto e che non ebbe rivali l’estate scorsa, confermandosi con record su record programma più visto dei tre mesi di latitanza tv, ha perso improvvisamente le marce e ora neppure a folle la macchina cammina. Gli addetti ai lavori ci tengono a sottolineare che in realtà si sfidano due programmi che adocchiano tipologie di pubblico differenti: come dire, nessuna sfida, ognuno gioca per conto suo. Ma con l’Auditel non si scherza, e i numeri attestano verità agghiaccianti per la banda di Ricci. Passi una prima settimana col fattore sorpresa, con sorpassi e controsorpassi. Però la seconda settimana è incominciata con un verdetto netto: vince Frizzi, 6.069.000 telespettatori e il 28,02% di share, mentre Ricci si attesta sui 4.795.000 e un 21,98%. Un divario pesante, ben 6 punti di share. Una batosta cruenta, che fa zittire Donelli e preoccupare i dirigenti del Biscione, che già si pregustavano una nuova estate di sorrisi.

Ogni misfatto nasconde una soluzione, un motivo, un’insinuazione. E il calo di Cultura Moderna si aggrappa ad un deciso cambiamento di formula, che rende il gioco meno appetibile e divertente, oltretutto noioso e senza grinta. L’arrivo di Lydie Pages al fianco di Juliana Moreira ha rafforzato il parco femmineo nella trasmissione, ma intanto è scomparsa proprio la Moreira, che dal raddoppiamento di bocce non ha guadagnato nulla, anzi ha progressivamente perso contatto con Teo Mammucari, e per fortuna che almeno lui si mantiene in esercizio scatenando da vero instancabile la sua proverbiale irriverenza. Però il gioco, che dovrebbe scalpitare, incespica malamente. E lo fa nella parte finale, quando si aspetta che esca dalla cabina il vip di turno per approvare o meno le candidature dei talentuosi. Però ognuno di loro, singolarmente, deve attendere una manciata di minuti devoti alla suspence per sapere se c’ha azzeccato, e soprattutto la scelta viene fatta in una rosa di candidati, rendendo la ricerca del vip molto meno spontanea ed esilarante. Ma senza dubbio, l’attesa inutilmente spasmodica del finale fa inevitabilmente crollare pazienza ed attenzione del pubblico, che già non tollera sbrodolamenti oltre misura – e già che la prima serata riparte alle 21.20 se non oltre, proprio come ai brutti vecchi tempi, prima della tregua forzata.

Non che l’avversario diretto sia francamente irresistibile. Soliti Ignoti ha lacune evidenti, proprio come il restyling del concorrente di Canale 5, con il quale condivide una struttura di gioco particolarmente immediata da far a meno di inutili orpelli per migliorarne l’appeal. Ma se Cultura Moderna s’è complicata la vita rielaborandosi senza motivi apparenti, Soliti Ignoti sconta l’effetto novità e una conduzione, quella di Fabrizio Frizzi, che, seppur non si dimostri esaltante nè tantomeno briosa, non stona più di tanto con il gioco che non dispensa sussulti o emozioni a ripetizione, anzi è una litania da processione che ben s’adatta alle attenzioni ridotte di un target alticcio d’età che tradizionalmente s’incolla a RaiUno. Da qui le differenze di tipologia di pubblico, da qui un motivo per giustificare un distacco così cospicuo tra due programmi quasi simili – entrambi giocano sul fattore identità – e soprattutto un crollo così inaspettato del gioco che giusto un anno fa fece sfracelli, anche quando dall’altra parte c’erano i Mondiali.

La soluzione sarebbe semplice: cambiamenti in corsa. Ma Cultura Moderna è registrata, ergo anche intervenire sul montato non è così facile, anche perchè si deve agire di bisturi, con l’accortezza di non turbare la spontaneità del decorso delle singole puntate. Visto che le puntate sono registrate, non è poi così difficile modificarne l’ordine temporale, così ecco che ieri sera da Mammucari vincono i 500.000 euro in palio, ma non vi è stato nessun impatto sull’ascolto. Un’ulteriore, fiammante batosta. Neppure servire in anticipio la vittoria di un concorrente serve a far cambiare canale. Proprio nella puntata più interessante, la sconfitta assume proporzioni disastrose. E Del Noce intanto è libero di ridersela, anche perchè così, per immediata correlazione, con Soliti Ignoti – che quindi si candida a sostituto di Affari Tuoi – riabilita lo sfiduciato Fabrizio Frizzi, ristabilendolo con successo nella rete ammiraglia dalla quale era stato cacciato e poi recuperato. Una rivincita niente male, di fronte a previsioni funeree sulla sua nuova avventura. Ricci è avvisato, e chissà che non prepari missive per scovare i soliti ignoti tarocchi, a cui è tanto affezionato.

UN FRIZZI SOTTOTONO PARTE BENE CON I SOLITI E NOIOSI IGNOTI: E' TESTA A TESTA CON 'CULTURA MODERNA'

Ci vorrebbe ben altro per poter competere con giustificata supponenza, ma siamo costretti a tenerci Frizzi, e, a quanto pare, ancora a lungo. Soliti Ignoti – Identità Nascoste, moderno Indovina Chi? con cui RaiUno ha rimediato alla meritata vacanza di Affari Tuoi by Insinna, è partito lunedì sera in access-prime time senza formidabili pretese nè illibate voglie di dominio. Un giochetto che d’altronde spizzica parecchio dal suo antecedente: non a caso di mezzo c’è sempre la Endemol, che per sfidare la corazzata Cultura Moderna su Canale 5 ha scomodato il format americano Identity, sperando, con una nutrita schiera di ceri accesi, di aver finalmente trovato un programma degno di sostituire i pacchi nelle fasi di stanca della stagione.

I risultati Auditel danno per ora ragione alla mossa di Del Noce, che come al solito crede sempre in qualsiasi cosa proponga(no), salvo poi ritrattare quando si avvicina il disastro. Non si parla certo di cifre sbalorditive, ma dopo un sostanziale pareggio all’esordio (23% di share, pubblico equamente diviso), ieri il giochino telecomandato dal redivivo Fabrizio Frizzi supera la caccia al vip guidata da Teo Mammucari (1 5.928.000 telespettatori per il 25,59% di share contro 5.774.000 e il 24,80%). Entrambi sono in realtà migliorati, ma il gioco di Raiuno ha piazzato il musetto qualche centimetro più avanti, roba da misurazioni da sarta. La sorpresa però sta nella (prevedibile?) fiducia accordata dal pubblico alla proposta di RaiUno, dopo l’esordio misto a curiosità che poteva anche scemare la sera successiva. Invece l’ascolto ha tenuto, anzi è Cultura Moderna a non aver sfondato nel secondo round – e tra l’altro ancora lontana dai numeri stellari dell’estate scorsa, quando non si guardava certo col binolo al 30% di share. Antonio Ricci non si preoccupa mai, a patto che l’Auditel non si azzardi a propinare numeri al ribasso, ovviamente.

Fabrizio Frizzi, vestito da poliziotto da ufficio, mezzo dismesso, con la camicia sbottonata e la cravatta nera avvinghiata senza determinazione, può così respirare aria fresca, dopo le solite preventive aspettative non certo rosee che attanagliavano il suo ritorno nella rete ammiraglia Rai. Però ora si scatena la caccia ai meriti, e rintracciare elementi che dovrebbero giustificare una partenza tutto sommato sorridente presuppone una parallela individuazione dei demeriti. Perchè non si può certo dire che Soliti Ignoti brilli per velocità e dinamismo, e che Fabrizio Frizzi mantenga alti i valori di adrenalina, quando aderisce con tutta la buona fede che lo contraddistingue allo snocciolamento di una tediosa processione che vede i dodici personaggi da smascherare salire uno alla volta sul pulpito predisposto, in attesa che la concorrente, spulciando tra tutte le identità disponibili – ed organizzate sullo schermo di casa come se si trattasse dei premi di Affari Tuoi – li ricolleghi ad una plausibile. Ovviamente questo in America non avviene, perchè fa parte della cultura televisiva italiota rovinare qualsiasi cosa provenga dall’esterno, ergo la concorrente non si sceglie da sola di volta in volta il personaggio da svelare, con comprensibile apparizione di conati di noia che s’adagiano dispettosi per tutta la durata della trasmissione. Fabrizio Frizzi non è certo un mostro di improvvisazione, non taglia con l’accetta i tempi morti – come sa fare Bonolis, che adesso è a Mediaset quindi buonanotte – dispensa i soliti sorrisini che non scontentano nessuno, ma chi vuole pathos è gentilmente invitato a fare un salto dal tabacchino sotto casa. Il meccanismo tutto sommato magari è accattivante, ma la nenia profusa, sommata ad un coinvolgimento interattivo votato alla sonnolenza – chi gioca da casa non è capace neppure di tentare accoppiamenti, visto che i personaggi nel loro insieme non vengono mai inquadrati – è sufficiente per drammatizzare con successo una nuova proposta.

Ci diranno che siamo cattivi, che quando in tv si vede qualcosa di nuovo siamo pronti e scattanti nel criticare, benchè non sopportassimo le insulsaggini stantie che durano da decenni. Ma i guizzi creativi qui provengono da altri mondi, e ogni volta che qua tentiamo floride scommesse il massimo a cui si aspira è un buco nell’acqua, la cui soddisfazione è proporzionale all’ampiezza dei cerchi concentrici che si sprigionano dall’epicentro. Ci sarebbe da migliorare dunque qualcosa, ma se gli ascolti non si schioderanno, ovvero se Frizzi continuerà a tener testa a Cultura Moderna – contribuendo inavvertitamente a rafforzare gli ego degli autori – chi s’azzarda più a ritoccare un giochetto che basta che respiri senza troppi affanni per garantire il minimo indispensabile.

PER LA RAI LE SITCOM SONO UN TABU': NEPPURE 'COLPI DI SOLE' EVITA L'ENNESIMO FALLIMENTO

Gli affari vanno malino. Forse maluccio. Oppure male male. In casa Rai si continua a sonnecchiare inermi di fronte alle difficoltà di apprezzamento verso le sit-com sfornate da Viale Mazzini per conquistare i giovani, stregati dalle magie di Italia 1. Ma l’ultimo esperimento in ordine di tempo sta cavalcando con imperiosità il viale ombrato del fallimento. Colpi Di Sole non decolla, neppure con le rotelle ai piedi e il pilota automatico: la seconda puntata ha fatto ancora peggio, precipitando dal 5,16% al 4,74% di share, in un weekend ancor più sazio di aurea estiva ma non certo complice di un calo così impercettibile da risultare pericoloso. La parola flop sta per cadere inesorabile come un’ascia chiodata sulla testa di autori e sceneggiatori, benchè il prodotto finale, sfidando puntuali critiche preventivenon sia neppure così disprezzabile. Ma a molti è indigesta a priori la telecamera fissa, operazione di ripresa lanciata da Camera Cafè e unico metodo legittimo per programmi di questo tipo: da uffici a camere da letto, da toilette a cabine di jet, c’è il solito imperturbabile oblò a consentirci di spiare dialoghi e battute, una formula di successo che si è levigata con lo scontato abuso.

Ma il problema va oltre il singolo caso. Colpi Di Sole, tutto sommato una sit-com veloce e divertente, sconta una collocazione suicida, piegata al weekend che elimina i giovani dalla poltrona e ad una rete, RaiTre, che ai giovani non ha mai parlato. In altri lidi, magari quelli già floridi di Italia 1, ad un’orario accettabile, avrebbe potuto trarre un minimo d’onore, nonostante quella ripetitività di genere che segue le tristi orme della moltiplicazione indiscriminata dei reality-show. Ma a Viale Mazzini non sono stati capaci per ora di imbeccarne una, che fosse degna di nota. Con Magnolia si puntò su Cotti E Mangiati, spiattellata con ottimismo nell’access-prime time di RaiUno, prima di doversi accontentare delle briciole lanciate da Cultura Moderna. Da lì allora lo spostamento alle 14.00, una mossa scellerata che vide cadere lo share dal 17% al 9%, nella morsa infernale delle soap opera di Canale 5 che non ebbero nessun riguardo quando falcidiarono la neonata Sottocasa. Si salvò il salvabile piazzando la sit-com alle 17.00, orario da sbadiglio post-spuntino, gli ascolti rinsavirono ma non così tanto da far sperare ad un nuovo ciclo di episodi.

Ma si sa che prima di abbozzare un intervento, l’allarme deve suonare beato almeno due volte. La seconda scampanellata, sempre a luglio 2006, la offrono Valerio Mastrandea e Marco Giallini nel ruolo di Buttafuori, ore 20.00 su Raitre. Si parte con un 6,32% di share, ma i sorrisi non si sprecano di certo, si rimane in balia tra il 5% e il 7% e parlare di successo è come dire ad un muto di urlare. Però per fortuna c’è l’occasione di un riscatto, al Mipcom di Cannes: la Fox compra il format della Wilder per ridistribuirlo con il titolo Bouncers un po’ ovunque (dal mese scorso è in onda su Sky, canale FX). E’ lo stesso destino capitato alla fiction 48 Ore: due prodotti che riscossero magri ascolti, prima di ottenere una consacrazione che, a prima vista, non sembrava poi così scontata.

Antonio Marano, grande capo di RaiDue e illustre conoscitore di scommesse perdute, da settembre scorso ha calato l’ambo, partorito dalla voglia matta di sperimentare a qualsiasi costo, anche solo per evitare che la prevista (imminente?) detronizzazione avvenga senza lasciare la lapide intonsa. Marano inizia in silenzio con Andata & Ritorno, sit-com mignon che vorrebbe parlare di attualità nei vagoni della metropolitana ma, piazzata dopo il TG2 delle 18.30, raccoglie il 6,59% all’esordio, per poi veleggiare sotto il 5%. Non funziona, però è un esperimento e almeno applaudiamo per lo sforzo. Compiuto anche dal duo Enrico Bertolino e Max Tortora, novelli Piloti della Piccione Airlines, ma con medesimi – ovvero scarsi – risultati: si parte dal 3% per toccare il 7-8%.

Un filetto imbarazzante che testimonia l’estrema difficoltà della Rai ad intercettare il pubblico giovane, quello che dovrebbe sorbirsi questi capolavori. Italia 1 è il modello di questa affannosa ricerca. Ma se Camera Cafè, per dirne una (e unica), che raccoglieva mediamente il 10% di share, toccava le cifre record del 27% tra i giovani, le sit-com Rai non registrano sensibili apprezzamenti dalla fascia più redditizia, riscontrando addirittura percentuali migliori tra il pubblico più vetusto, proprio quello che dovrebbe invece spegnere la televisione. Una grana non da poco, per i dirigenti di Viale Mazzini, sempre più interessati ad intraprendere politiche di svecchiamento del pubblico televisivo, operazione che perlomeno a RaiUno pare quasi proibitiva, ma che neppure negli altri canali minori riscuote risultati positivi.

COLPO ALLO STOMACO PER L'ESORDIO DI 'COLPI DI SOLE'. A PARTE QUELLA COLLOCAZIONE DA SUICIDIO

Per una volta che io fossi stranamente ottimista, eccoti puntuale la mazzata col tremendo sogghigno. Colpi Di Sole, nuova sit-com a telecamera fissa di Raitre, esordita domenica sera alle 20.30, è immediatamente caduta nel fosso. Un ascolto risibile, 1.007.000 telespettatori, con uno share da briciole, 5,16%, numeri che Fabio Fazio moltiplicava almeno tre volte, celebrando Che Tempo Che Fa. E’ alquanto becero sfoderare in primis le sentenze sputate dall’Auditel, ma è quello che viene meglio un po’ a tutti ed è quello che consente anche di spaparanzarci in una distesa rumorosa di variegate spiegazioni.

La sit-com non è affatto male: giovane, spigliata, irriverente ma mai trasgressiva, veloce e ritmata. Esattamente tutti elementi che nessuno si sognerebbe di trovare su RaiTre, la storica rete dell’impegno culturale, dei temi importanti, degli approfondimenti politici, di tutte quelle menate che esulano dall’intrattenimento spiccio e dalle derive trashiste della tv di giornata. Rete sbagliata, ma anche collocazione sbagliata, per la gioia di chi si adopera ad aggiungere sfiga su sfiga: chi vuoi che ci sia a cena il sabato e la domenica sera, perdipiù giovane, a sorbirsi le avventure della parrucchieria più stramba della televisione? A parte mia nonna e le sue santissime amiche, direi nessuno. E il mistero è così profondo che sopravvive allegramente, sbeffeggiando chi ha lavorato col sudore per far ridere qualche anima pia. Perchè di qualche anima pia, ahimè si tratta, ed ora magari in Rai qualcuno penserà pure che forse RaiDue sarebbe stata più idonea alla trasmissione, se non altro per scansare le insopportabili strisce di Tom & Jerry, ormai stantiee come gli scheletri dei Faraoni.

Le potenzialità di Colpi Di Sole, di cui ha tra l’altro parlato bene pure Aldo Grasso – uno che se c’è da mazziare, lo fa senza guanti e senza paura – erano caruccie e valide, pur senza gridare all’eccellenza, dote ormai sparita: poche banalità, caparbi rimandi realtà-fantasia, accenni d’attualità con venature irriverenti, macchiettismo verace e sorprendente. Naturalmente a dispetto delle solite mortificanti aspettative, quando si tratta di qualcosa che si presenta come già visto. Il già visto si riferisce all’utilizzo indiscriminato della telecamera fissa, tecnica sdoganata da Camera Cafè e poi stra-abusata ovunque. In effetti, il metodo di ripresa peculiare di questo tipo di prodotto aliena forse un po’ troppo le caratteristiche dei personaggi dalle situazioni, rendendo i protagonisti parodie di se stessi e forzatamente finti nei confronti del telespettatore. Ma i peccati si perdonano a tutti e la succosa dinamicità degli episodi, che si sussuegono con fragrante velocità, rimedia all’inconveniente.

Però è chiaro che l’esordio ha spezzato le gambe, tritandole finemente. Senza dimenticare che in estate nessuno ha voglia di discorrere col tubo catodico, quindi figuriamoci se l’ascolto possa risalire. Oddio, noi ce lo auguriamo, ma sono appena finiti i ceri su cui sperare in silenzio.

FINISCE LA STAGIONE. VINCE LA RAI, VINCE MEDIASET. TI PAREVA

Ci risiamo, è ripartita la guerra dei comunicati stampa. Non fa in tempo a chiudersi serenamete l’ennesimo periodo di garanzia che Rai e Mediaset si ritrovano come tradizione a tirarsi i capelli l’un l’altra, giustificando(si) i successi delle proprie reti, meglio se a discapito dell’avversario diretto. Naturalmente hanno vinto tutti, che vi credevate. Vince la Rai, vince Mediaset. Ognuno vince a casa sua, naturalmente e con il massimo del risultato, of course.

In teoria, vincerebbe la Rai, ultimamente abituata a issarsi sopra tutti sia nel prime time che nell’intera giornata. Prima rete è RaiUno, con il 24,80% di share (+0.97% rispetto al 2006) in prima serata e il 22.93% nell’intera giornata, battendo nettamente Canale 5 (21,24%). Calano leggermente RaiDue e Raitre, ma nel complesso è di nuovo l’azienda di Viale Mazzini la vincitrice del confronto serrato, nonostante una collezione impressionante di flop (alcune fiction, Colpo Di Genio e il prolungato Apocalypse Show) che però non ha inciso in maniera determinante nella media di rete.

Dall’altra parte della barricata, non meno agguerrita, rimane ben salda Mediaset, la quale ovviamente non ci pensa neppure ad ammettere la sconfitta, ma per proclamarsi vittoriosa adotta il solito discutibile trucchetto dell’ascolto preferito, ovvero la fascia di pubblico 15-64 anni, nella quale Mediaset sguazza in solitario, ottenendo sempre risultati migliori rispetto alla concorrenza Rai, la quale si rifà all’intero bacino Auditel. E a Cologno Monzese ci tengono a sottolineare il trionfo schiacciante di «una stagione Mediaset con un’indiscussa leadership tra il pubblico compreso tra 15 e 64 anni, che rappresenta il 70% della popolazione italiana e su cui converge l’80% degli investimenti pubblicitari». Non ho la minima voglia di riportarvi i numeri, così estremamente noiosi, per suffragare queste tesi, ma faccio notare come si chiuda il comunicato: «Italia 1 diventa addirittura la prima rete italiana nel totale giornata tra i più giovani 4-24 anni: 23,4%». Ovvero: andiamo a trovare a piacimento il campione più rappresentativo della vittoria e spiattellamolo per riscuotere consenso. Mossa troppo furbetta, ma tanto la Rai sa che nella fascia 15-64 perde e giustamente non si va a sputtanare, idem Mediaset nella fascia totalitaria.

Non c’è dubbio. Fa tutto molto ridere, sganasciare, anche un po’ riflettere. La guerra Rai-Mediaset a suon di ascolti, quando entrambe le reti ammiraglie denunciano flop fragorosi ed un’emorragia di pubblico non indifferente, a vantaggio di Sky e non solo, assume ogni volta contorni ancor più ridicoli. Visti gli abominii scodellati ad ogni ora del giorno e della notte, non vedo proprio cosa ci sia da festeggiare.

"ATTACCO ALLO STATO" MA NESSUN BOTTO AUDITEL. FINITI I TEMPI D'ORO DELLA FICTION?

Un altro colpo mancato o, se volete, un botto dall’eco ridotto. L’ennesima fiction Mediaset, prodotta per Canale 5 dall’inseparabile TaoDue di Pietro Valsecchi, Attacco Allo Stato, sarà forse l’ultima produzione della stagione televisiva ormai agli sgoccioli, ma sono lontani le esplosioni Auditel da almeno una decina di milioni di telespettatori, anche nel caso di prodotti da alta risonanza, come fu per Karol e come è stato per il recupero delle triste faccende delle Brigate Rosse. Gli ascolti per carità non sono mancati, ma evidentemente i colpacci a suon di fiction sono finiti – e lo dimostra pure l’andamento delle ultime produzioni Rai firmate Saccà, il cui emblema è senza dubbio il flop de I Colori Della Gioventù di giovedì scorso, senza naturalmente rigirare il coltello sulla piaga 48 Ore. La concorrenza è stata battuta, ma senza strafare. La prima puntata, andata in onda lunedì scorso, ha raggranellato con apparente agilità 5.972.000 telespettatori per il 24,98% di share, stracciando La Partita Del Cuore su RaiUno, rimasto al palo con 3.465.000 telespettatori e il 14,42% di share e finendo pure scavalcato dagli ultimi episodi della prima stagione del telefilm Lost, che su RaiDue hanno chiuso con una media di 4.007.000 telespettatori e il 15,84% di share. Il supporto ad Attacco Allo Stato non è naturalmente mancato, con una forte e continua scarica di promo a tutte le ore e speciali sul dietro le quinte a tarda sera: è innegabile che Lost abbia potuto frenare l’affermazione perentoria della fiction dove svetta Raoul Bova.

Ma anche la seconda e ultima parte, andata in onda ieri sera, non ha brillato più di tanto, a fronte di una controprogrammazione affatto furiosa, anzi: soltanto 5.901.000 telespettatori e il 24,42%, dati pure in calo rispetto alla prima parte ma sufficienti per superare l’ennesima replica del Commissario Montalbano su RaiUno (5.451.000 e 21,77%). Le riflessioni vengono spontanee. In Italia si continua a puntare tutte le fiches sulla fiction – a discapito delle produzioni seriali americane ma dai risultati ottimi se soltanto se ne curasse la messa in onda -, si continua produrre sceneggiati su qualsiasi fatto storico o di attualità confidando sull’attenzione del pubblico. I risultati non mancano ma non sono più eclatanti. Segno di un rapido cambio di tendenza da parte della platea televisiva, sintomo invece di fiction non particolarmente gradite e/o entusiasmanti oppure il movente è più semplice e riconducibile ad un calo generale del pubblico con la fine della stagione televisiva? Da promotore delle serie tv americane, mi auguro che il pubblico si sia stancato delle fiction fatte a destra e a manca. Anche perche, con tutto quello che costa realizzare uno sceneggiato…